Le storie del mio paese mi
sopportano senza tirare tropi accidenti: io forse queste
faccende non dovrei raccontarle, perchè sono un'inguaribile
giovane di quasi quarant'anni che si illude di
corteggiare una donna da poesia e la vuole in pensieri e
fogli tutta per sé, come una dedica da libro.
Insomma, io do sempre da fare ai
miei genitori, che forse un figlio così lo offrirebbero
volentieri alla pesca di beneficenza. Un figlio che desidera
ancora diventare scrittore e non guadagna una lira è roba da
ricchi e se poi ha dell'orgoglio è meglio che faccia il
prete, al limite il santo.
Ma sono lo stesso roba di Dio e di
due artisti, se considero che mia madre suona il violino
come San Genesio, mentre mio padre è un anarchico di
pittore. E allora, con una famiglia così, come si fa, anche
soltanto pensarlo, di andare a lavorare in banca!
Forse mi sono laureato in legge
per sbaglio e adesso, la laurea, mica posso restituirgliela:
se però in cambio mi allungassero quei quattro anni, me li
riprenderei indietro e li spenderei ancora all'asilo.
Ad un certo punto mi sono trovato
in confusione, come dentro al gioco dell'oca e allora ho
cominciato a scrivere qualche frase, prima sui muri e poi
sui fogli: ma spesso mi capitava come qualcuno che va in
Taro a pescare e poi se piglia una cheppia gliene sa male.
Il giornalino parrocchiale mi ha
ospitato, ma più che alla grammatica ci teneva alla mia
anima. |