VALERI
GIUSEPPE
Parma 8 marzo 1812 + Parma 6 novembre 1883
Figlio di Antonio e Domenica Ferrari, percorse i primi studi
con lode e profitto. Si iscrisse alla facoltà di
giurisprudenza dell’Università di Parma ottenendone il
diploma di laurea nel 1838. Dedicatosi al magistero
dell’avvocatura, fu nominato avvocato di 2ª classe del
Collegio di Parma nel 1840.
Fu quindi pretore
a Berceto, poi a Fornovo, a Compiano, a Pellegrino, a
Zibello, a San
Secondo e a Borgo San Donnino, lasciando ovunque
onorata memoria di sé per zelo e rettitudine. Fu
nominato giudice del Tribunale di Piacenza, poi in quello di
Parma. Il 20 gennaio 1876 fu nominato cavaliere della Corona
d’Italia. Una crudele malattia oftalmica, che lo travagliò
per quasi otto anni, lo rese negli ultimi tre completamente
cieco.
FONTI E BIBL.: G.B.
Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1884, 55-56;
Aurea Parma 2/3 1971, 166.
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VAROLI
FRANCESCO MARIA CIPRIANO
Parma 17 agosto 1775-Parma 5 aprile 1814
Figlio di Giuseppe e di Luigia Poldi. A diciotto anni studiò
Etica e Fisica nell’Archiginnasio di Parma, riportandone
onorifici attestati. Si ignora fino a quale punto proseguì i
suoi studi. Il 13 febbraio 1796 venne accettato nell’Ordine
Francescano. Nel Convento di San Secondo, il 5 maggio 1796
indossò l’abito francescano, assumendo il nome di Francesco
Maria di san Pio, e il 7 maggio 1797, compiuto l’anno di
noviziato, emise la solenne professione. Dal noviziato fu
mandato a Roma nel convento di Aracoeli perché vi
apprendesse le scienze divine: è da ritenere che a Roma
ricevesse gli ordini sacri e celebrasse la prima messa.
Ritornato poi nella sua provincia religiosa, fu prima in
Busseto, poi a Ferrara, ove dimorò molti anni. Nonostante
una vita ritirata e quasi nascosta agli occhi del mondo,
pure la fama delle sue virtù fu tale che affluebant ad ipsum
et cives ferrarienses et finitimi populi benedictionem et
consolationem in morbis et afflictationibus cupientes.
Secondo quanto scrive Luigi Canali (Memorie e documenti,
Parma, 1885), per intercessione del Varoli furono ottenute
non poche grazie e furono operati prodigi su infermi
giudicati incurabili: de eo mira narrantur, scilicet
translationes de loco in locum longinquum temporis momento;
sanitates restitutae, dum salus a medicis desperabatur. Se
non che, emanata nel 1810 la legge di soppressione dei
conventi, il Varoli si vide obbligato a rimpatriare,
lasciando nella desolazione la città di Ferrara (universa
ferrariensi civitate plorante discessum viri, quem Patris
Sancti nomine appellabant). Pervenuto al fiume Po, sul quale
si doveva imbarcare alla volta di Parma, a mala pena poté
liberarsi dal popolo che ne voleva impedire la partenza.
Lungo il viaggio, fece sosta a Guastalla, dove i cittadini,
acclamandolo santo, ne invocarono la benedizione: le
dimostrazioni di entusiasmo furono tali che il governo,
temendo disordini, gli diede ordine di riprendere
immediatamente il viaggio. Giunto finalmente a Parma, prese
stanza nella casa paterna, ove, vivendo come nel chiostro,
nonnisi in cultura spiritus et bonis operibus animum
occupabat. Morì dopo essere stato colto da febbre acuta,
contratta, sembra, nell’assistere gli infermi. Alla sua
morte, tutti gli oggetti di sua pertinenza furono
distribuite in reliquie. Venne sepolto nella chiesa della
santissima Annunciata entro la cappella di San Francesco,
con apposita iscrizione in marmo. Luigi Taeschi, procuratore
della Causa dei Santi presso la Sacra Congregazione dei
Riti, nel 1886 raccolse documenti per l’introduzione della
causa di beatificazione.
FONTI E BIBL.: Beato Buralli 1889, 181-184 e 190-192.
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