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Appunti- storia

RESIDENZE ROSSIANE

In questa pagina sono descritte alcune residenze occupate per lunghi o brevi periodi da componenti la famiglia Rossi.

 

FARFENGO

Piccola località sulla strada che da Cremona porta a Crema, fino al 1927 era sede comunale, ora frazione, situata a circa 2 Km   di Borgo San Giacomo. Già dal XV secolo i Rossi intrattengono stretti rapporti con la Città di Cremona, Bernardo di Pier Maria nel 1456 ne diventa addirittura vescovo, dopo essere stato castellano di Farfengo. Il XVI secolo vede ingrandire i possedimenti rossiani nel cremonese ed il matrimonio di Pier Maria IV con Isabella Lampugnani  lo arricchisce del feudo di Farfengo. Pier Maria IV soggiorna in questo palazzo, lontano da San Secondo  occupato dai Farnese, vi morirà  nel 1653.

Scipione I dopo aver riscattato San Secondo dal Duca di Parma lo consegna nel 1680 al primogenito Federico II e si ritira prima a Venezia, poi a Farfengo in cui si spense nel 1715. Il palazzo attualmente si presenta molto degradato.

 

 

CREMONA

 

Nel XVII secolo i Rossi  esiliati da San Secondo dai Farnese passano la loro vita tra Milano e Farfengo.

Negli anni 1562 e 1582  ottengono  privilegi dalla città di Cremona e nel ‘600 acquistano un palazzo  nei pressi di San Michele Vecchio ed un giardino detto “Horto del bastione”.

Nel ‘700 i Rossi spostano il loro baricentro amministrativo in questa città ed i loro patrimonio comprendeva possedimenti a Soresina, Farfengo,  Lomellina e nel parmense.

Scipione I acquista  nel 1709 un palazzo da Polissena Stanga e Francesco de Cesari posto in Strada grande vicino alla chiesa di Sant’Agata nei pressi di porta San Luca.

Il palazzo venne costruito nel ‘400 dal Marchese Cristoforo Stanga, i Rossi lo ristrutturano nel 700  facendogli  perdere quasi totalmente la sua veste quattrocentesca: ne rimane traccia solo nella parte superiore del lato orientale visibile dal vicolino (chiuso) che lo costeggia. Questa presenta una serie di finestre centinate e la gronda sgusciata a vele unghiate ed oculi inscritti, concepita secondo canoni bramanteschi. La facciata principale risente dell'assenza del portale marmoreo sul Corso, considerato tra i più insigni della Lombardia e scolpito da Giovan Pietro da Rho e dal fratello Gabriele, scultori della cerchia dell’Amadeo, ,  nel 1875-80, fu rimosso e venduto dal proprietario ad un banchiere di Marsiglia che a sua volta lo rivendette al Museo del Louvre dove è attualmente conservato. A Cremona si può così solo vederne il calco conservato nel salone dei quadri o sala del consiglio in Palazzo Comunale. Il resto dell’edificio è frutto della ristrutturazione settecentesca voluta da Federico II Rossi: particolarmente interessante la fronte di un bel barocchetto vivacizzato, al mezzanino e al piano nobile, da cornici sagomate, cartocci a rilievo e intrecci di ferri battuti. Dal cortile interno si accede allo splendido scalone monumentale costituito da una rampa centrale che si divide in due successive perpendicolari opposte, arricchite da una balaustra tardo barocca scolpita in pietra, autentico capolavoro del generale. Il vano dello scalone è decorato con rilievi e dipinti, tanto sulle pareti che sul soffitto, che accentuano l’effetto scenografico dell’insieme. Nel 1715 risulta essere riccamente arredato, con stanze adorne di arazzi e corami e le pareti mostrano una cospicua raccolta di quadri tra cui spiccano i ritratti degli antenati:

“  13 quadri con cornici di pero con sopra  ritratti antichi delli signor dell’Eccellentissima Casa Rossi

 

Palazzo Stanga-Rossi S. Secondo si trova in corso Garibaldi, 257 - privato - 26100 Cremona
 

 

 

 

 

ROMA

Palazzo Cesi  di via della Maschera d'oro 

E’ nel cuore del Rione Ponte,  che sorse nei primi anni del '500 l'edificio oggi denominato Palazzo Cesi. Il palazzo fu fatto costruire dai Gaddi, ricca famiglia di mercanti fiorentini, già affermatasi in Roma sin dal '400, l'autore è rimasto, purtroppo, ignoto. Attraverso una riproduzione custodita nel Museo "Albertina" di Vienna, è possibile avere un'idea delle mirabili decorazioni, con affreschi a chiaroscuro e graffiti, che impreziosivano la facciata su via della Maschera d'Oro, successivamente andate in rovina e irrimediabilmente perdute in quanto ricoperte con pittura. Furono eseguite da due artisti all'epoca molto affermati a Roma: Polidoro da Caravaggio (1495-1546) e Maturino da Firenze (+1528), gli stessi che decoreranno subito dopo il prospiciente Palazzo Milesi (che, seppure assai rovinato, consente ancora di ammirare qualche traccia dei decori). Lo stesso Vasari ebbe a definire tali decorazioni piene di grazia e di fantasia. Vi erano, tra le altre, rappresentate scene di sacrificio, di storia romana, di guerra e di caccia, figurazioni allegoriche e immagini dello sbarco di genti orientali nel Lazio. Sulla porta di ingresso al palazzo (n.21 di Via della Maschera d'Oro) vi era lo stemma di Clemente VII Medici, con accanto quello dei GaddiI e quello dei Gomez, famiglia questa cui apparteneva Caterina, prima moglie di Luigi Gaddi.
Il palazzo passò, successivamente, ai ROSSI di San Secondo. Poi, nel 1567, il Conte Sigismondo de ROSSI di San Secondo lo rivendette ad Angelo Cesi, figlio di Giangiacomo  e di Isabella di Alviano.
Dai Cesi venne, quindi, dato in locazione nel 1570 a D. Ugo Boncompagni, che lo occupò fino alla sua elezione al soglio pontificio (col nome di Gregorio XIII), dopodichè tornò nella disponibilità della famiglia Cesi.
Le successive vicende dell'edificio, che da allora assunse la denominazione di Palazzo Cesi, lo videro ceduto nel 1798 ad Ulisse Pentini, quindi acquistato dal barone Camuccini (figlio del celebre pittore Vincenzo), che nel 1855 lo rivendette ad un nobile britannico, il duca di Northumberland. Fu poi ceduto ai Santarelli e, infine, nel 1929, al signor Salvatore Buffardi.
Nel palazzo vi fu, per un certo periodo di tempo, durante la proprietà Pentini, la Depositeria Urbana dei pegni di Roma. Trattasi del luogo e dell'ufficio determinato per il deposito generale e per la custodia dei pegni giudiziali, nonchè per eseguirvi gli incanti e le vendite degli oggetti pignorati stessi, successivamente trasferita nel palazzo Palombara in via dell'Impresa. Nel 1940, in seguito ad esproprio, il palazzo passò al Ministero della Guerra, per essere adibito a sede del Tribunale Militare di Roma. Dopo aver ospitato per oltre 35 anni il Tribunale Supremo Militare e la Procura Generale Militare, oggi accoglie il Consiglio della Magistratura militare e gli Uffici giudiziari militari superiori.
 

 

 

 

VILLA "IL BARONE"

La Villa del Barone in Giuseppe Zocchi, Wiews of Florence and Tuscany, P. Morgan Library, New York 1971, n. 51.

La Villa "Il Barone" si trova  in provincia di Prato, nella  zona di Montemurlo, salendo per la via di Bagnolo di sopra. L’edificio più esattamente chiamato, "Il Barone", è situato sulle pendici del monte Iavello e domina  la vallata che porta  verso Albiano.

La grandezza della dimora rispecchia lo status del  committente  Bartolomeo di  Baccio –Valori . Entro le sue mura nacque la congiura contro i Medici, capeggiata dallo stesso Baccio Valori, da Filippo Strozzi e da Anton Francesco Albizi,  che si concludeva il 2 agosto 1537,  con la sconfitta dei fuorusciti, la loro condanna a morte  e la confisca dei beni.

In seguito la Villa del Barone, ebbe diversi proprietari : i Panciatichi ,  i Rossi di San Secondo (1557-1693), i Tempi di Firenze (1693-1824) e infine il pittore Cristiano Banti (1824-1904). Nel corso del XX secolo fu prima destinata ad  ospizio,  poi abbandonata fino a  giungere in pessime  condizioni  ai nostri giorni. Rilevata da una società immobiliare

 

 

 

 

 

MILANO

Palazzo Rossi poi Acerbi

Il fabbricato risale alla seconda metà del quattrocento e si trova nei pressi di Porta Romana, ebbe come primo proprietario il conte Pietro Maria Rossi di San Secondo . Nel 600 l'edificio fu fatto ricostruire dal marchese Ludovico Acerbo, alto funzionario ducale. Ludovico, dedito ad una vita mondana, ne fece  una residenza lussuosa ed elegante, degna di ospitare feste e ricevimenti di gran richiamo. Nel 1840 il palazzo fu adibito ad albergo, per divenire agli inizi del Novecento, di proprietà dei Volpi-Bassano. La facciata, su tre piani, ha conservato l'aspetto  secentesco. Conserva un  cortile  porticato su colonne che sul fondo si collega  con una cortein stile  rococò su cui si affacciano terrazze e balaustre. Un vasto e luminoso scalone a tre rampe conduceva alle stanze padronali, oggi adibite ad uffici. Solo questo piano conserva la planimetria e le decorazioni originali, restaurate negli anni 80 del millenovecento.